Verso una moda sostenibile e un’economia circolare nel settore del retail

Se sei un consumatore abituale di articoli di moda, avrai probabilmente osservato etichette come Join Life di Zara o Conscious di H&M.

Avrai forse anche visto l’espressione 100% Organic Cotton da Mango o magliette di EcoAlf con lo slogan «Because there is no planet b».

Può darsi che tu abbia perfino sentito parlare delle Adidas Futurecraft.Footpoint, le nuove scarpe da ginnastica fabbricate con la più bassa impronta di carbonio al mondo.

Tutti questi piccoli dettagli fanno parte del cammino verde intrapreso dalle grandi aziende tessili del mondo per offrire prodotti sostenibili, ecologici e rispettosi dell’ambiente. L’economia circolare, la biodiversità e la fabbricazione di capi d’abbigliamento e calzature con i materiali organici più sostenibili ed etici in circolazione sono i nuovi pilastri su cui si fondano le strategie aziendali delle grandi imprese del settore della moda.

Contesto della sostenibilità nell’industria tessile

L’industria tessile dipende in larga misura da risorse non rinnovabili come il petrolio per produrre fibre sintetiche, i fertilizzanti per coltivare il cotone e i prodotti chimici per tingere fibre e tessuti. Il sistema lineare di produzione non è in grado di ottimizzare l’uso controllato di queste risorse e genera un’ingente impronta di carbonio in tutta la catena di lavoro, trascurando scelte molto più redditizie di riciclo e riutilizzo di materiali.

Sembra logico, pertanto, che gli attori principali del settore del retail abbiano adottato un sistema di economia circolare come nuovo modello di business, in particolare se comporta un’opportunità di mercato del valore di oltre cinquecentomila milioni di dollari. Stiamo parlando di circa il 25% della quota totale di mercato di questo settore, pari a circa due milioni quattrocentomila milioni di dollari all’anno.

Di conseguenza, come mostra l’ultimo approfondimento in materia di sostenibilità pubblicato da Modaes, la moda sarà sostenibile o non avrà ragion d’essere.

Il cliente attuale richiede prodotti sostenibili, ecologici e biodegradabili, per poterli sfoggiare e indossare con la coscienza tranquilla. Secondo una recente relazione dell’azienda di consulenza Capgemini, il 79% dei consumatori cambia le proprie preferenze di acquisto in base a criteri di responsabilità sociale, inclusività o impatto ambientale. E ancor più in seguito alla pandemia, in cui il 67% degli acquirenti ha elevato il livello di impegno e consapevolezza nei confronti della scarsità di risorse naturali nei propri processi di acquisto.

Se a ciò aggiungiamo i dati di un sondaggio internazionale dell’IBM Institute for Business Value in cui figura che nove su dieci consumatori affermano che la pandemia ha modificato la loro opinione riguardo alla sostenibilità ambientale, ci troviamo di fronte a un’occasione d’oro per attirare l’attenzione di questo pubblico consapevole e solidale.

Infatti, più della metà degli intervistati è disposta a pagare un prezzo maggiore per marchi sostenibili, nonostante ciò comporti modificare le proprie abitudini di acquisto.

Chiaramente, lo scenario non potrebbe essere più propizio per adottare strategie imprenditoriali basate sulla riduzione dei rifiuti, sull’economia circolare e su prodotti sostenibili in grado di soddisfare le necessità di questo nuovo tipo di cliente e contribuire così a migliorare il tasso di conversione nel retail.

Che cosa stanno facendo le istituzioni e i marchi leader per adottare un’economia circolare?

Agli inizi del 2019 è stata lanciata l’Alleanza delle Nazioni Unite per la moda sostenibile, nell’ambito dell’Assemblea del Programma dell’ONU per l’ambiente, volta a frenare le prassi dannose per l’ambiente e per la società nel settore della moda. Questa alleanza internazionale ha lo scopo di modificare i dati che collocano l’industria tessile al secondo posto a livello mondiale in quanto a consumo d’acqua.

Nel giugno di quest’anno, la Francia, leader mondiale della moda di lusso, ha introdotto il divieto di distruggere gli articoli tessili invenduti a partire dal 2023, obbligando fabbricanti e dettaglianti a donare, riutilizzare o riciclare le eccedenze. In uno degli ultimi vertici del G7, il presidente di Kering, François-Henri Pinault, ha capeggiato questo nuovo Fashion Pact, promosso da Emmanuel Macron, con il sostegno di oltre cento marchi, al fine di ridurre l’impatto ambientale nel settore del retail. Poco dopo, il governo tedesco ha proseguito con questa iniziativa globale presentando il Grüner Knopt (bottone verde), la prima etichetta tessile sostenibile al mondo.

«…l’industria della moda ha l’opportunità di guidare un cambio verso un futuro più sostenibile. Rappresentiamo l’esempio di come le aziende possono collaborare e agire nelle questioni fondamentali relative a cambiamento climatico, biodiversità e tutela degli oceani del mondo.»

François-Henri Pinault, AD di Kering

Questa attività governativa mondiale funge da base strutturale affinché i marchi leader possano instaurare politiche di sostenibilità ed economia circolare all’interno di tutti i processi operativi della propria attività.

Da qui la decisione di Zara di impegnarsi ad utilizzare tessuti 100% sostenibili entro il 2025, unendosi a H&M, che ha già comunicato, nell’ambito del proprio piano di sostenibilità, che utilizzerà il 100% dei materiali riciclati o sostenibili entro il 2030.

Entro il 2023 Inditex prevede inoltre di raggiungere i rifiuti zero (Zero Waste) nelle proprie strutture, ovvero sedi, logistica e negozi, nonché di eliminare il 100% delle plastiche monouso fornite ai clienti e riciclare tutti i materiali di imballaggio nella propria catena di approvvigionamento.

«Pensiamo e agiamo in modo sostenibile in tutte le fasi della nostra attività e facciamo nostre le aspettative dei nostri gruppi di interesse. La nostra moda è Right to Wear».

Pablo Isla, Presidente di Inditex

Adidas prevede di eliminare il poliestere vergine entro il 2024.

Nike ricicla già il 99% dei rifiuti provenienti dalla fabbricazione di calzature nelle sue fabbriche.

LVMH ha redatto la Carta di approvvigionamento delle materie prime di origine animale che cita l’obiettivo che il 70% del cuoio dei marchi del gruppo francese venga ottenuto da pelli di concerie certificate dal Leather Working Group.

Tutte le grandi imprese tessili depongono a favore di questo modello di business sostenibile.

Da azioni specifiche a grandi progetti come il WeCare! di Etam, il marchio leader di biancheria intima in Francia, che difende un programma di responsabilità sociale aziendale basato su nove pilastri tra cui la trasparenza, la riduzione dei rifiuti, la sostenibilità, la biodiversità e l’economia circolare.

Secondo quanto afferma Laurent Milchior, co-manager del Gruppoo Etam, nella presentazione del documento aziendale, la ditta di abbigliamento da donna si è prefissata l’obiettivo di passare dal 40% dei suoi prodotti ecofriendly nella primavera del 2021 all’80% nel 2025.

Inoltre, nell’ambito del suo programma di seconda mano, ha promosso l’azione «Petit geste, Joli soutien», mediante cui ritirare e dare nuova vita ai reggiseni di seconda mano, distribuendoli gratuitamente a donne in situazione di difficoltà economica.

Nel 2021 Etam ha anche lanciato una collezione di 2500 sciarpe riciclate, realizzate con materiali inutilizzati, fabbricate in Francia e Tunisia. Due degli altri marchi del gruppo (Undiz e La Maison 123) hanno contribuito a questa politica di economia circolare rispettivamente con una capsule collection di biancheria intima con materiali di stock invenduti e una collezione di accessori fabbricati con patchwork di scampoli di tessuto denim.

Come può contribuire la tecnologia a questa trasformazione ecologica verso un’economia circolare?

L’evoluzione del settore della moda sostenibile sta facendo notevoli progressi in tempi brevissimi pur di instaurare processi operativi efficienti in tutta la catena di lavoro e così soddisfare la domanda di questo nuovo cliente solidale.

Si tratta di uno scenario esigente in cui tutti gli attori coinvolti desiderano appropriarsi della propria quota di mercato verde. In fin dei conti, i dirigenti del settore tessile, di aziende sostenibili o meno, si prefiggono sempre di raggiungere il massimo profitto a livello di impresa. Questo obiettivo comporta ottenere una maggiore scalabilità, adattarsi quasi in tempo reale alle tendenze del mercato, snellire i processi di lavoro, ottenere una maggiore efficienza in termini di costi, migliorare l’esperienza di acquisto, individuare nuove opportunità prima della concorrenza, dimensionare il personale e ottimizzare la pianificazione di orari e compiti.

In vista di un cotale numero di sfide, la tecnologia è, senza dubbio, uno dei migliori alleati per accelerare questo processo.

Soluzioni tecnologiche in grado di sviluppare fibre sintetiche più efficienti e meno inquinanti come quelle fabbricate dall’azienda spagnola Pyratex. Strumenti tecnologici che facilitano la coltivazione ecologica di cotone bio, tecnologie avanzate di riciclo che contribuiscono a recuperare la maggior quantità di poliestere nei capi scartati o nuove macchine efficienti di imballaggio e lavorazione in grado di accelerare i processi logistici dei magazzini limitando l’impatto ambientale delle fabbriche, nonché il numero di veicoli necessari a consegnare la merce nelle diverse strutture.

Ma la trasformazione tecnologica verso un’economia circolare nel settore del retail non si ferma qui.

Arriva anche nei punti vendita, il luogo in cui il cliente desidera vivere un’esperienza di acquisto personalizzata che soddisfi le sue esigenze senza intoppi e senza attrito.

Troviamo quindi terminali di acquisto che generano codici QR sul telefono cellulare del cliente che vanno a sostituire lo scontrino stampato, sistemi di monitoraggio per mantenere sotto controllo gli obiettivi di riduzione del consumo energetico dei negozi o l’installazione di punti di raccolta di indumenti usati per promuovere il riciclo di fibre e tessuti in cambio di sconti sulle carte fedeltà dei clienti impegnati e solidali.

ORQUEST loda qualsiasi azione responsabile nei confronti dell’ambiente intrapresa dalle aziende tessili. Desideriamo partecipare a questi progetti sostenibili di economia circolare per creare un mondo migliore: più ecologico, più efficiente e più etico. Per questo motivo, mettiamo a disposizione di queste aziende verdi un’analisi diagnostica gratuita con cui poter verificare se i loro negozi sono efficienti e dispongono del dimensionamento adeguato del personale per ottenere le migliori prestazioni.